Relazione semiseria di un’avventura a Lovettecannas

0 Flares Twitter 0 Facebook 0 Google+ 0 Filament.io 0 Flares ×

Da 2 notti ho dei flash: due pareti di roccia a pochi centimetri l’una dall’altra, un sacco giallo sporco di fango davanti a me, il mio respiro calmo che libera corpo e mente per superare l’ennesima strettoia.

Rivivo pezzi di questa avventura durata una decina di ore del tempo standard e un tempo indefinito per il mio corpo.

Era da tanto che volevo rientrare in grotta. La piccola escursione alla cava Romana era stata un ottimo antipasto ma la fame ormai era troppa. Avevo voglia di strisciare, di sporcarmi di fango e di passeggiare in qualche bel salone concrezionato.

Il gruppo era in fermento, non lo vedevo così da un po’. Sentivo proprio infogo per questa Lovettecannas. Quale occasione migliore per rientrare in piena attività?

Leggo dalle mail che si punta a realizzare un campo interno per proseguire nelle esplorazioni. Inizia a farsi strada nella mia testa l’idea di partecipare all’allestimento del campo e partire quindi da venerdì per passare due notti in grotta! Un pò come decidere di farsi 50 Km in bici dopo aver passato gli ultimi 6 mesi sul divano. Per fortuna Enrico mi riporta alla ragione, consigliandomi di entrare sabato per tastare la grotta “visto che è la prima volta che entri…”. Grazie Enrico, mai consiglio è stato più azzeccato!

Così parto il venerdi con Cossu, Erika e Alessio e dopo una pizza volante a Barisardo raggiungiamo Rita e Robertino a Teletottes.

L’idea era buona: ci svegliamo di buon mattino, saliamo in macchina ed entriamo in grotta.

In pieno stile da retroguardia USC il buon mattino si trasforma in mezza mattina, le 11. Ma finalmente ci siamo. Al parcheggio incontriamo Sergio, intenzionato a fare non meglio precisati campionamenti nella prima parte della grotta. All’uscita mi sorge il sospetto che fosse una scusa per fermarsi la! Incontriamo anche Pierpaolo, che fa il primo tratto con noi e poi sparisce velocemente tra meandri e strettoie. C’è poco da fare, è sempre un riferimento.

La nostra squadra inizia la progressione. L’allegria è davvero tanta… Si striscia e si scherza, ci si incastra e si canta passandoci l’un l’altro gli zaini stracarichi. Ci divertiamo molto e non sentiamo la fatica. Sembra un parco giochi. Ho fiducia di raggiungere il mio obiettivo minimo: la ex frana terminale. Così tra una canzone di Cocciante (credo, io non la conosco) e qualche imprecazione, arriviamo alla prima piccola pausa dove Sergio ci lascia: il salone dei crepacci (oddio salone… un disimpegno, dai… un soggiornino, non di più).

Siamo dentro da circa un’ora e mezza e decidiamo di ripartire. Noto che ora siamo più silenziosi, più concentrati. La grotta è entrata nel vivo e richiede un po’ più di attenzione.

Continuiamo, sempre più giù, sempre più infondo. Un pensiero banale mi assale: al ritorno sarà tutto in salita!

Un po di testa, un po di piedi, un po di traverso…

Cossu, questa di testa o di piedi ?!? Mah, vedi tu… come fatichi meno!

Marciando senza sosta il tempo passa. Io non ne ho assolutamente cognizione. Tiro fuori la testa da un buco e chi ti vedo? Giovannino e Ughetta! Siamo quindi alla ex-frana terminale?!? Ce l’ho fatta?!?

No, non ce l’hanno fatta loro, e si sono fermati prima!

Scopro che a quello che era il mio obiettivo minimo mancano non meno di 2 ore, e pure bagnate! La mia determinazione inizia a vacillare. Devono essere gli zuccheri. E così mi sbaffo 2 Manzotin (non avranno molti zuccheri ma placano la fame) e un po’ di cioccolato.

Cossu mi fa notare che tra poco ci immergeremo in acque gelide, non è il caso di mangiare tanto…

Eh caro compagno di viaggio, forse la mia testa aveva già deciso che il mio corpo in quell’acqua non ci sarebbe entrato…

Pronti via, si riparte. Salutiamo Giovannino e Ughetta e iniziamo ancora a scendere. Dai, Giovannino esagera, non manca così tanto.

Dopo quasi un’ora arriva la parte bagnata, mi sa che Giova non esagerava! Roby decide che basta così, fa una pausa e torna indietro. Io no! Parlo con Cossu, con Erika, con Rita… Ho deciso, voglio arrivare dove mi ero prefissato di arrivare. Mi butto nella pozza d’acqua gelida, e mi bagno fino alla cintura. Avanzo, esco dalla pozza e cosa vedo: un’altra strettoia! Anche io decido che basta così! Sono stanco, molto, più di quanto pensassi. Andare avanti così rischia di essere pericoloso e poco divertente. Torno indietro con Roby.

Non so come definire le quasi 6 ore che Roby ed io abbiamo impiegato ad uscire. In molti momenti mi sono fermato per riprendere fiato inutilmente: dopo tre passi il cuore era nuovamente a palla. Poche altre volte ho provato una fatica così intensa.

Ho qualche ricordo: il sacco che non voleva entrare in una delle ultime strettoie, la mela succulenta mangiata insieme a Roby in una pausa, la gioia nel vedere ricomparire i rifrangenti che ci annunciavano l’entrata nell’ultimo terzo di grotta, la paura in qualche passaggio un po’ ardito.

Mi rimane il ricordo di essere uscito assieme a Roby da una grotta che, per quanto con strada segnata ogni 10 metri, era per me una scoperta.

L’obiettivo minimo non è stato raggiunto, ma in fondo sono contento così. Mi alleno un po e poi… Lovette è li che mi aspetta.

Grazie Cossu per avermi portato fin la, grazie Erika, Rita e Alessio per la splendida compagnia dentro e fuori dalla grotta, grazie Roby per tutte le volte che sei andato avanti tu a vedere se la strada era proprio quella.

Gian Mario “Giuma” Pisano

Commenti

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *