Week End a Su Bentu

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Durante la settimana, chiacchierando con Claudia, abbiamo pensato che il week end dell’ 1 e 2 luglio saremo potuti entrare in qualche bella grotta. Era da un pochino che non si andava sotto terra, tra impegni vari l’attività si è ridotta non poco.

Su Bentu. 01-02 luglio 2006
La decisione è stata presa, entrare in grotta, rimane da decidere dove e con chi. Il dove è abbastanza facile, con chi invece è un tantino più complicato, vista la moria di speleologi, mutazione genetica verso una nuova specie anfibia amante del sole e della sabbia incandescente.
Chiesto velocemente adesioni qua e là, ma eravamo sempre in due.
Le possibili cavità erano: Su Palu o Su Bentu. La prima grotta, solo in due, la si sarebbe potuta fare, la seconda magari mi rompeva un pochino. La presenza dei traversi e l’eventualità che Claudia potesse percorrerli da sola, e per la prima volta, non mi andava. Sempre mettere in conto “contrattempi”. Due non è certo il numero ideale e lo è ancora meno se c’è una certa disparità di “allenamento”. Per cui stavamo ripiegando verso Su Palu. Ma ecco che alla fine troviamo il terzo componente del gruppo, Sergio. Perfetto diciamo che eravamo quasi in condizioni per poter entrare in grotta. Sappiamo benissimo che tra la teoria e la pratica ci sta in mezzo un po’ di roba, quindi siamo entrati comunque, chi ha seguito la lezione dei Tuveri sa di cosa sto parlando.

Passo in sede per prendere qualche corda e qualche plg. Sento Sergio, costui riesce a convincermi a prendere 1 km di corde, era sicurissimo che tutti i salti erano da armare. Io molto scettico le ho comunque prese, non si sa mai che proprio il giorno ricordassi male io. Ultimi accordi e rimaniamo intesi che la partenza sarebbe stata alle 14:30 da casa di Claudia. Mea culpa, ho fatto ritardo, ma giustificato, e siamo partiti, tra una chiacchiera e l’altra con Fabrizio e un cafè, alle 15:30. Orario fantastico per mettersi in viaggio d’estate e con una macchina senza climatizzatore. Arriviamo ad Oliena alle 18:00. Come preventivato. Preparati gli zaini, chiusa la macchina, abbiamo preso il sentiero per l’ingresso della grotta.

Il nostro abbigliamento era tipico da mare, maglia a maniche corte e pantaloncino corto. Arrivati al grottone ci siamo un pochino rinfrescati, vestiti degli indumenti speleo siamo andati incontro al primo vento. Corrente d’aria fortissima, fredda. Armato il primo salto, scesi tutti e tre, eravamo ufficialmente in grotta. Da li in poi iniziava un fine settimana all’insegna della tranquillità, i nostri intenti erano quelli. Rilassarci e stare bene. Nulla di più, non avevamo orari. Di prestabilito c’era solo la meta: l’oasi, dopo il quarto vento.
Io inizio la grotta con i soliti problemi di accensione del casco, è stato revisionato ma necessita ancora di un ritocco. Le perdite d’acqua dalla bombola risolte, è già qualcosa vista l’assenza di quella sostanza liquida trasparente per tutta la durata dei traversi.
Eccoci ai traversi… iniziamo la nostra avventura, più che altro l’avventura era di Claudia. Non li ha mai percorsi ed era un pochino “spaventata” dal racconto di Francesca Biondo. Spaventata è un po’ esagerato, aveva una leggera tensione dovuta al fatto che non sapeva a cosa andasse incontro. Sistemata tra me e Sergio partiamo verso il quarto vento, via rami alti, alias traversi. Superiamo con estrema tranquillità l’armo del dinosauro, visitiamo la saletta concrezionata. Continuiamo lungo il cavo d’acciaio, e giungiamo al primo salto in corda. Verifica veloce dell’armo, corda lesionata, sostituzione dell’armo e della corda e via giù. Riprendiamo in mano il cavo e via verso la fine dei traversi. In questo tratto affrontiamo qualche passaggio un po’ più aereo e la nostra amica mi fa prendere un principio di infarto, in un passaggio abbastanza esposto molla un urlo che rimbomba prima nella grotta e poi nelle mie vene dato che me le ha fatte prosciugare, quando riprendo i sensi capisco che l’urlo era per darsi la spinta per affrontare lo sforzo del passaggio. Più o meno come gli olimpionici di sollevamento pesi. Dopo di che abbiamo continuato a sentire delle urla, ma eravamo già preparati, anche se l’occhio ce lo buttavamo sempre per verificare che il motivo dell’urlo fosse sempre lo stesso.

Arriviamo alla fine dei traversi, trovo Sergio che ci aspetta, mi dice di andare avanti per armare. Gli chiedo cosa dovessi armare, dato che ero straconvinto di trovare già la corda piazzata. Vado avanti portandomi dietro lo zaino con le corde e il materiale d’armo a portata di mano. Come volevasi dimostrare, corda pronta all’uso. Verifico anche questa. Tutto ok e mi calo. Arriviamo ai laghi notiamo subito che il sistema è in secca, livello idrico bassissimo. Percorso il laghetto arriviamo alla corda che ci porta al campo. Dall’ultima volta in cui sono entrato ricordavo che era lesionata e quindi era da sostituire. Arrivo alla base della risalita e trovo due corde anziché una. C’è né una di troppo! Non so quale della due sia quella giusta, testa o croce. Salgo su. Ho indovinato la corda, faccio ciò che avrebbe dovuto fare chi ha aggiunto la corda buona. Isolare quella lesionata. Inizia il traverso in leggera salita. Anche qui due corde, che palle, altra conta. Croll in una e longe nell’altra. Arrampico e non uso le corde perché non mi fido. Quasi al frazionamento perdo un attimo l’equilibrio e mi sento cadere giù, mi sono cagato le mutande. Individuo la corda buona. Il croll era su quella giusta, troppa fortuna per i miei gusti. Isolo anche l’altra corda marcia. Ancora un tiro di corda. Questa è unica, ma ricordavo che sfregava tantissimo sulla roccia. Salgo col bloccante solo come sicura, arrampico, per fortuna è abbastanza facile. Metto una protezione e i due compagni di uscita mi raggiungono.

Arriviamo al Campo Chessa, decidiamo che li avremo dormito. Allestiamo il nostro giaciglio, materassino da palestra e telo termico. L’idea è di mangiucchiare qualcosa e poi avvicinarsi all’oasi. Ci stendiamo sui materassini. Chiacchieriamo, Sergio inventa un gioco che alla fine risulta essere bellino, ma questo è un nostro segreto. Si fa mezzanotte, ormai mi dicono che è ora di dormire, ma io non avevo sonno, peccato non aver avuto con me il cruciverba. Prima di andare a nanna, col mezzo km di corda avanzata costruiamo una tendina e li sotto ci accomodiamo. Claudia al centro, si è presa tutto il nostro calore e non solo. Grotta calda e sottotuta in pile, non sono una bella accoppiata. Dormiamo malissimo non sappiamo neanche noi perché. Possiamo dire che praticamente non abbiamo chiuso occhio. Alle 7 ci mettiamo in piedi. Smontiamo tutto, colazione veloce e prendiamo la via del quarto vento. Lasciamo i sacchi li, o meglio lasciano i sacchi. Io uno lo ho preso, con dentro una corda e materiale d’armo, Sergio è ancora convinto che serva, mi porto dietro peso per nulla. Prendiamo la via del quarto vento, praticamente dietro l’angolo. Passiamo dentro le due enormi sale, Sergio è un po’ sofferente, ha nausea. Anche io e Claudia siamo infastiditi allo stomaco, ma lui sta veramente male. Decide di continuare almeno sino all’oasi. E li arriviamo.

Qualche foto di rito al lago pensile e poi riprendiamo la via del rientro. Nel frattempo lo stomaco mio e di Cla si riprendono. Al campo recuperiamo gli altri due sacchi, ricomponiamo il mio e partiamo. In un attimo siamo giù ai laghi. Saliamo ai traversi e, chiuso il moschettone della longe intorno al cavo, percorriamo la via ferrata che ci riporta verso l’uscita. Si iniziano a risentire urla, non preoccupatevi è sempre Claudia.

Giunti al Caos facciamo i complimenti alla nostra amica, si è letteralmente mangiata i traversi, intanto con la testa iniziamo ad essere praticamente fuori. Ma manca ancora la corda del primo vento. Sergio sale per primo, poi Claudia e poi io. Recuperiamo tutto il materiale e ci accingiamo ad andare incontro al caldo torrido della prima domenica di luglio.

Appena fuori partiamo in picchiata verso l’auto parcheggiata vicino al rifugio si Sa Oche. Per fortuna la nostra bellissima Y10 è rimasta all’ombra. Ci cambiamo. Scoliamo litri di acqua. Carichiamo tutto e partiamo in direzione CK. Arrivati ad Oliena troviamo il bar chiuso. Ma per fortuna nelle vicinanza ne troviamo un altro che rimane aperto in attesa di tre disperati che cercano una birra ed un panino. 0,40, panino e cafè e poi nuovamente in macchina. Ore 15:30, ci rimettiamo in viaggio a 24 ore esatte dalla partenza da Cagliari. Il caldo era insopportabile i finestrini sembravano due grandi asciugacapelli, pausa tecnica ad Abbasanta, cambio conducente, lavaggio faccia e via nuovamente verso casa. Durante il rientro, ma mano che mi avvicinavo a Cagliari, mi saliva la malinconia, sembrava la sensazione che si prova al rientro dalle vacanze estive pochi giorni prima di rientrare a scuola. Sarà che in grotta mi sono divertito? Che sono stato bene? Che ho svuotato un po’ la testa da tutti i pensieri accumulati durante la settimana? Tutto molto probabile, quello che importa è il risultato, essere felici di fare quello che ci piace.

Ora che ci penso è anche da un po’ di tempo che non scrivevo un relazione su una uscita, e in questa vi ho anche messo una pseudo morale della favola.
Alle prossime grotte.

Ciao uschini

Dapi

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